2K20: Odissea sulla terra

Nessuno avrebbe pensato di cominciare un 2020 in questa maniera, con un virus, il COVID-19, ai più sconosciuto, che all’improvviso ha cambiato la vita di tutti noi. Da un giorno all’altro abbiamo dovuto cambiare l’organizzazione delle nostre vite, le abitudini, le relazioni sociali, il lavoro, gli spazi, ma nessuno ha pensato di interpellare un architetto. L’architetto è colui che per definizione organizza gli spazi ed allora chi meglio di lui potrebbe svolgere questo compito?

Molti miei colleghi in questo periodo hanno provato a dare il proprio contributo, ed il mio modesto parere è che le cose non cambieranno. Anzi, basta ricordarsi dell’influenza spagnola e di come la maggior parte della gente si comportò alla fine dell’epidemia. Tra il 1918 e il 1920 la “spagnola” uccise decine di milioni di persone ed alla fine degli anni ’20 ci ritrovammo nell’euforia ben raccontata dal film “il grande Gatsby”.

Pertanto, dopo questo lungo periodo di reclusione, sarà concessa a tutti la massima libertà. Molti vedono la pandemia come un acceleratore del cambiamento. Cambieranno le nostre abitudini, lavoreremo più spesso da casa, i capi forse impareranno a far lavorare i propri dipendenti per obiettivi e non a valutarli solo per il tempo che stanno seduti dietro ad una scrivania, molti di noi hanno trovato, nel frattempo, comodo fare la spesa da casa, visto che l’euforia dello shopping non ci coinvolge quando dobbiamo comprare un detersivo o un pacco di pasta. Ma le nostre città?

L’urbanistica come l’ho studiata io è diventata uno strumento troppo obsoleto. I cambiamenti sono troppo repentini e le città non si possono buttare come un vecchio telefono. Le città dovranno essere adattate a quelle che sono le nuove esperienze e necessità. Non serviranno spazi affollati e la frenesia di un centro commerciale, ma saranno necessari spazi che aumentino il benessere delle persone, spazi concepiti a misura d’uomo, quando per misura non mi riferisco ad una distanza geometrica ma al benessere psico-fisico. I margini delle città dovranno essere ripensati e ricalibrati, non potremmo pensare a periferie affollate isolate dal centro della città. Sono gli spazi pubblici che dovranno migliorare la qualità della vita e diminuire quelle che sono le distanze sociali. Sono gli spazi pubblici ed il benessere delle persone che regoleranno i ritmi della vita e di conseguenza organizzeranno il sistema della mobilità. Piste ciclabili, pedonali, autobus, metropolitane, servizi di sharing, dovranno far parte di un unico progetto organico della mobilità. L’urbanistica dovrà conciliare tutti questi aspetti e svolgerà un ruolo di coordinamento nella progettazione degli spazi e dei pieni; dovrà per forza utilizzare le scale più piccole per rappresentare la città e le sue singole parti: i municipi, i quartieri, i rioni; solo in questo modo l’architetto avrà gli strumenti per concepire nuovi spazi, nuovi limiti, nuove relazioni e migliorare la qualità delle nostre vite. Rimarrà solo un problema: quello dei tempi; perché la nostra politica non è pronta a cambiamenti così veloci, la burocrazia non segue il tempo delle tecnologie e delle pandemie, dovrebbe esserci qualcuno che se ne occupa, ma non possono far fare tutto agli architetti.

Lascia un commento